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archivio in linea
di produzioni culturali e affini |
ELOGIO DELLA DEMOCRAZIA
RAPPRESENTATIVA |
La
democrazia rappresentativa funziona! Chi nutriva
dubbi sul sistema borghese, stante lo scollamento fra il Palazzo e la gente
comune, l’assoluta mancanza di appeal
di qualunque formazione politica, l’infima partecipazione popolare ai processi
decisionali, la totale incapacità di reazione della parte sana della società
agli abomini cui la nostra classe dirigente ci ha assuefatto dimostra di non
aver capito nulla della società italiana. La
rappresentanza funziona se i politici sono espressione dei sentimenti e
dell’ideologia popolare, cosa che in fondo avviene con precisione notevole
dall’alba della Repubblica. Per
quarant’anni siamo stati governati da notabili maneggioni, affaristi, bigotti
ai limite del ridicolo, con una limpida propensione al clientelismo e al
malaffare, sempre pronti a trasformare abilmente e a proprio vantaggio la
cosa pubblica in interesse privato. In
questo clima stantio porta una ventata di aria putrida l’impresentabile
cavalier Banana (come lo chiamava Altan) mentore culturale e degno eroe
dell’italiano medio; fra le innumerevoli meritorie opere del suo agire
politico e personale questi può annoverare senz’altro la rimozione del
puritanesimo di facciata dei suoi predecessori democristiani, sostituito da
un più moderno sfruttamento della |
prostituzione
elevato a rango istituzionale. Innovatore
nel solco della tradizione, Silvio ha però fortunatamente mantenuto i
meccanismi del malaffare, e per quanto possibile aumentato il grado di
infiltrazione mafiosa dello Stato. Dopo
aver dimostrato agli italiani la legittimità della discriminazione di genere
ed aver per converso delegittimato le istituzioni che cercavano di limitarne
gli atteggiamenti eversivi o semplicemente criminali, il Banana ha fatto
scuola, ottenendo dal devastato PD un’ossequiosa solidarietà, ai limiti del
plagio grazie al rottamatore, osceno emulo toscano
del vecchio satiro. Arriviamo
infine al governo squallidamente reazionario dei nostri cupi giorni, che
trasforma l’odio in potere, l’ignoranza in cariche pubbliche, il razzismo in
voti. Eppure,
la drammatica sequenza di ignobili governi italiani configura quanto meno un
notevole successo: la concreta e stabile relazione fra il comune sentire del
popolo e il suo governo. Quel
che intendo dire è che la Lega, con i suoi ammennicoli ultradestri
di presunte italiane fratellanze e le sue arricchenti emanazioni di Casapound e di forzanovisti nostalgici del buon tempo
andato del nazismo non ha affatto creato l'imperante ideologia razzista, e
nemmeno l’ha evocata. |
Quest’ultima
invece, costruita ed enfatizzata nel ventennio, è rimasta in naftalina dopo
la tragedia della Seconda guerra mondiale, quando ad essere culturalmente
egemoni erano i giganti della Resistenza antifascista, ed è risorta in breve
tempo, strisciante, occulta, ma viva e vegeta. I In questi mesi si moltiplicano gli episodi razzisti,
grotteschi e drammatici, e dopo il buio economico e la recessione più o meno
ininterrotta dalla metà degli anni Settanta, seguita dalla macelleria dello
Stato sociale nel trentennio successivo, siamo giunti ad una inquietante
parodia dell'apartheid; ma tutto questo odio verso lo straniero, il diverso,
tutta la colpevolizzazione dell'emarginazione (e, a breve, della povertà)
traggono origine da insicurezza economica, ignoranza, incapacità cronica di
interpretare la realtà senza lenti deformanti emotive (senza dubbio anche
artatamente montate dai media), e non dai discorsi del Salvini
di turno, che in realtà insegue opportunisticamente - e non detta - le
posizioni razziste. Tutto
bene, quindi: se il miglior governo che un popolo può avere è quello più
rappresentativo delle sue idee, l’Italia dimostra, dal secondo dopoguerra, un
sistema quasi perfetto: con buona approssimazione statistica, e senza
pregiudizi di sorta, si può affermare che siamo oggi un popolo di stronzi,
che dà mandato di governo ad una cricca di incompetenti razzisti. |